giovedì 20 maggio 2010

SI CAMBIA CASA: WWW.AFFARIEDIRITTO.IT

Cari Lettori,
il boom di consensi e di relativi accessi che ha registrato questo legal blog nei suoi pochi mesi di vita mi ha spinto ad avviare un progetto ben più vasto ed importante che, tra l'altro, ha ad oggetto un totale restyling di queste pagine.
Da alcuni giorni è già attivo sul web il nuovo Affari&Diritto il quale, grazie al successo da Voi cortesemente riconosciutogli, si presenta totalmente rinnovato nella grafica (spero più elegante) e nei contenuti che a breve seguiranno, con una cadenza (lo prometto !) più frequente di quanto non lo fossero i post presenti sulla pagina che state consultando; specie a partire dal prossimo mese di settembre.
Nei prossimi mesi, inoltre, il sito aprirà ai commenti degli utenti ed avvierà un servizio di consulenza legale online a condizioni economiche sicuramente interessanti. L'obiettivo è quello di creare una comunità di utenti (imprenditori e non) che possa ritrovare, nei contenuti del sito, se non una risposta ai problematica di natura legale (per quello non basta un sito ma occorre l'intervento di una consulenza specializzata) quantomeno una fonte di informazione ed aggiornamento su temi di interesse comune.
Il nuovo sito è ancora in costruzione, tuttavia Vi invito sin d'ora a visitarlo e ad inserirlo, se sarà di Vs. gradimento, tra i preferiti del vostro browser di navigazione.

Avv. Massimiliano Giangolini

martedì 9 febbraio 2010

CONTRATTO DI LAVORO A TERMINE: GENERICITA' DELLA CLAUSOLA APPOSITIVA DEL TERMINE E CONVERSIONE A TEMPO INDETERMINATO


Con ordinanza del 08/02/2010 il Tribunale di Padova Sez. Lavoro, ha condannato una nota ditta del mercato dei materiali di illuminazione a ripristinare il rapporto di lavoro con un dipendente a suo tempo assunto con un contratto di lavoro subordinato a termine.
Il Tribunale, adìto in via d'urgenza ex Art 700 C.p.c., ha ritenuto fondato il ricorso esperito dall'Avv. Massimiliano Giangolini in collaborazione con lo Studio Legale Sgromo in difesa del lavoratore, uniformandosi al principio già fatto proprio da Cass. S.U. n. 4588/06 ed osservando che l'indicazione per iscritto, specifica e puntuale, delle ragioni "tecniche, produttive, organizzative o sostitutive" di cui all'Art. 1, comma primo, D.Lgs. n. 368/01 è condizione indispensabile per consentire, nel contratto di lavoro a tempo determinato, il controllo giudiziale sulla legittimità dell'apposizione del termine.
Il Tribunale di Padova, oltre a ritenere senz'altro ammissibile il ricorso al procedimento d'urgenza di cui all'Art. 700 C.p.c. al fine di accertare l'illegittimità dell'apposizione del termine al contratto di lavoro e ad ordinare al datore di lavoro di riammettere in servizio il lavoratore, ha altresì approfondito, con motivazione logica ed incensurabile, i requisiti che deve presentare la clausola di apposizione del termine per essere considerata "specifica" e "puntuale". In tale contesto è necessario che dalla sola lettura della causale della clausola appositiva del termine "emerga in modo inequivoco l'esigenza oggettiva di temporaneità del rapporto, che- evidentemente- non può ridursi ad una mera scelta di politica aziendale delle assunzioni e, di conseguenza, della gestione dei rapporti di lavoro".
Riferendosi poi allo specifico caso oggetto di controversia, l'Ecc.mo Giudicante ha definito "di palmare evidenza" la genericità della clausola di apposizione del termine nel caso in cui il datore di lavoro si limiti a richiamare tautologicamente la formula legislativa (i cd. motivi tecnici, produttivi ed organizzativi di cui all'Art. 1 D.Lgs. n. 368/01) quand'anche si aggiunga, quale ragione giustificatrice, una pretesa "intensificazione della produzione". Non basta, infatti, secondo il Tribunale di Padova, tale indicazione laddove restino "del tutto oscuri quali siano i fatti che hanno determinato la pretesa intensificazione dell'attività aziendale, in quali termini si sia verificato un aumento della produzione e dove sia ravvisabile la temporaneità che giustifica l'assunzione". Il lavoratore, pertanto, verrà immediatamente richiamato a svolgere la propria attività lavorativa con automatica conversione del rapporto di lavoro a termine in rapporto di lavoro a tempo indeterminato.

venerdì 8 gennaio 2010

MEDIAZIONE: LE "TRAPPOLE" DI CERTE AGENZIE IMMOBILIARI


Un tema piuttosto ricorrente, specie (ma non solo) nel campo delle compravendite immobiliari, è quello relativo al momento a partire dal quale sorge, per il mediatore immobiliare, il diritto alla provvigione. L'ipotesi più ricorrente si verifica quando si incarica un'agenzia immobiliare di vendere (o ci si rivolge ad un'agenzia per trovare) un immobile. Tuttavia, quanto sotto specificato è applicabile, in linea generale, anche alla mediazione d'affari che non abbia a oggetto il trasferimento della proprietà di un immobile.
L'attualità della questione deriva, se non altro, dal fatto che certe catene (più o meno note) di agenzie immobiliari utilizzano diversi "stratagemmi" per assicurarsi in ogni caso la provvigione anche quando, di fatto, l'immobile non viene acquistato/venduto. Inutile specificare che, spesso, di questi "stratagemmi" il cliente (potenziale acquirente o venditore che sia) non è partitamente informato. Il risultato è che certi comportamenti "strategici", fatti di clausole contrattuali del cui contenuto e delle cui conseguenze raramente l'Agenzia informa il cliente, finiscono per generare conseguenze a volte poco piacevoli per il malcapitato (acquirente/venditore) che è costretto a rivolgersi all'Avvocato quando "il danno è fatto" o quasi !
Un primo elemento di cui occorre dar conto è che, quando ci si rivolge ad un'Agenzia immobiliare per l'acquisto di un determinato immobile, quest'ultima, nella gran parte dei casi, verificato l'interesse del cliente per quella data unità immobiliare, propone a quest'ultimo la firma di un modulo che, tipicamente, si presenta come una "proposta di acquisto" a volte corredata dell'ulteriore attributo "irrevocabile". Non sempre, tuttavia, l'agente immobiliare rappresenta partitamente al promittente acquirente le conseguenze della sottoscrizione di siffatto modulo.
Generalmente, con caratteri più o meno piccoli, questi moduli spiegano che, in caso di sottoscrizione della proposta di acquisto, la successiva accettazione della medesima da parte del venditore vale quale conclusione di un vero e proprio contratto preliminare (o compromesso di vendita) ed, altrettanto tipicamente, viene richiesto al potenziale acquirente il versamento (a volte in una fase successiva) di cifre di denaro a titolo di caparra confirmatoria. La conseguenza è che, a volte, chi è interessato all'acquisto di un immobile sottoscrive moduli nella convinzione di poter allegramente recedere (senza danni) dal potenziale affare per poi accorgersi (dolorosamente), al momento del rifiuto di procedere oltre, di aver sottoscritto un vero e proprio contratto preliminare con tutte le conseguenze che il Codice Civile fa discendere da tale sottoscrizione; non da ultimo quella tipica di dover obbligatoriamente stipulare il successivo contratto definitivo. Ma anche nel caso in cui, per ipotesi, si riesca a non addivenire al successivo rogito o contratto definitivo, l'Agenzia immobiliare avrà ottenuto il suo scopo: quello di far sborsare la provvigione al/i soggetto/i obbligato/i.
Per quale motivo l'Agenzia immobiliare è così interessata a che il promittente acquirente arrivi quantomeno a sottoscrivere un contratto preliminare tanto da far "convertire" un modulo contenente una proposta di acquisto nel famigerato "compromesso di vendita" ?
La risposta risiede in un consolidato orientamento giurisprudenziale in base al quale la conclusione di un valido contratto preliminare, se frutto dell'attività svolta dal mediatore, è già di per se idoneo a far sorgere per quest'ultimo l'obbligo di reclamare la provvigione per l'affare; anche se, per ipotesi, non si addivenga al sucessivo contratto definitivo con relativo trasferimento dell'immobile. Tale orientamento è stato ribadito, negli ultimi anni, dalla Cass. n. 22000/07 .
Se, pertanto, l'Art. 1755 Cod. Civ. stabilisce che il mediatore ha diritto alla provvigione solo in caso di conclusione dell'affare, e sempre che l'affare sia concluso "per effetto del suo intervento", è altresì vero che "per conclusione dell'affare", sostiene la Corte di Cassazione, " deve intendersi il compimento di un'operazione di natura economica generatrice di un rapporto obbligatorio tra le parti", o meglio: "di un atto in virtù del quale si sia costituito un vincolo che dia diritto di agire per l'adempimento dei patti stipulati o, in difetto, per il risarcimento del danno" (Cass. n. 22000/07). Orbene, è fuor di dubbio che il contratto preliminare, per il modo in cui è strutturato e per gli obblighi che genera in capo a chi lo sottoscrive, determini sicuramente la nascita di un "vincolo" tra le parti. Vincolo che, se non mantenuto, legittima la parte che vi ha interesse a ricorrere all'Autorità Giudiziaria. Tanto basta, pertanto, per considerare "affare" anche un contratto preliminare, per modo che la conclusione di un contratto preliminare darà luogo ad un "affare concluso", con tutte le conseguenze del caso per il mediatore, il quale potrà far valere, nei confronti degli obbligati, il diritto alla provvigione anche nel caso in cui, per ipotesi, al preliminare non segua il contratto definitivo.
Ciò spiega la ferrea pervicacia con cui le Agenzie immobiliari richiedono ai loro clienti la sottoscrizione di moduli i quali, in modo quasi "indolore", si "trasformano" in contratti preliminari con "dolorose" conseguenze per il poco avveduto cliente.
Se, tuttavia, la firma di uno di questi moduli è tale da generare le conseguenze di cui sopra, nel caso in cui si presti attenzione e ci si astenga dal sottoscrivere frettolosamente la modulistica "propinata" dall'Agenzia immobiliare ( a meno che, ovviamente, non si sia fermamente deciso di acquistare l'immobile) ci si può avvalere di una non indifferente posizione di forza. Infatti, non solo l'Agente continuerà comunque a prestare la propria attività rivolta ad addivenire alla trasferimento della proprietà dell'immobile (in fondo è pur sempre un suo interesse che l'affare si realizzi, anche aldilà delle firma di qualsiasi modulo di proposta irrevocabile) ma altresì, si rimarrà liberi di non concludere l'affare anche se questo ci sarà stato proposto dal mediatore in modo del tutto conforme alle nostre iniziali esigenze. Lo ha recentemente affermato il Tribunale di Bari: "Se la parte che ha conferito l'incarico al mediatore non conclude l'affare propostole dal mediatore stesso, pur essendo questo del tutto conforme alle richieste originariamente avanzate, il mediatore non ha diritto alla provvigione (Art. 1755 c.c.)" (Trib. Bari n. 2757/09).
Ovviamente, non bisogna aver sottoscritto alcun contratto preliminare od alcun modulo che sia passibile di "trasformarsi" in un preliminare. In tal caso, il mediatore, potrà al massimo pretendere, ai sensi dell'Art. 1756 Cod. Civ., il rimborso delle eventuali spese sostenute laddove documentate.
Un ultimo avvertimento: tale principio è valido a meno che non si sia comunque concordato il pagamento della provvigione, indipendentemente dalla conclusione dell'affare e per effetto della semplice acquisizione, ad esempio, da parte del mediatore, di un'offerta omogena a quella indicatagli.
E' evidente, tuttavia, specie nel settore della mediazione immobiliare, il rischio di rimanere vittime di clausole contenute in moduli che raramente risultano pienamente chiari a chi li sottoscrive. Pertanto, non si rischia di apparire "interessati" se si consiglia, alla fine di questo breve excursus senza alcuna pretesa di esaustività, di rivolgersi preliminarmente ad un bravo Avvocato che sia in grado di chiarire il contenuto e le conseguenze derivanti dalla sottoscrizione di determinate "proposte di acquisto"; evitando ben più dolorosi (anche in termini di parcelle) interventi del Legale, quando "il danno è fatto".